Assassinio sul Nilo
L'investigatore Hercule Poirot viene invitato dall'amico Bouc a partecipare alla crociera lungo il Nilo organizzata da una coppia di neosposi, l'ereditiera Linnet Ridgeway e il suo sposo Simon Doyle, conosciuto a Londra poco tempo prima e soffiato alla migliore amica Jacqueline de Bellefort. Al viaggio partecipano anche la zia di Linnet e la sua infermiera; il cugino della donna e gestore delle sue finanze; la cameriera francese; una cantante blues e la nipote manager; la madre di Bouc e la stessa Jacqueline, che perseguita i due sposini e medita vendetta. Quando Linnet viene trovata uccisa, sul battello si apre l'indagine di Poirot: chi ha ucciso la bellissima ereditiera, dal momento che tutti sembravano avere un movente per farlo?
Cinque anni dopo Assassinio sull'Orient Express, Branagh e Michael Green, regista e interprete il primo, sceneggiatore il secondo, adattano un altro celeberrimo romanzo di Agatha Christie e cercano di replicare lo straordinario successo della prima operazione.
I segreti dietro i 350 milioni incassati dall'Assassinio sull'Orient Express erano tanti: l'aggiornamento di una modello letterario mai passato di moda e adattato al ritmo vorticoso del cinema mainstream contemporaneo; il cast di stelle internazionali; l'uso senza risparmio degli effetti speciali digitali per rendere più viva l'ambientazione sul treno; l'insistenza sui dilemmi morali del vanesio Poirot... Un'Agatha Christie del terzo millennio, insomma, arricchita delle consuete preoccupazioni di Hollywood per l'equilibrio tra minoranze, con l'effetto di trasformare il film nella perfetta espressione di un sistema, pensato su misura per un pubblico planetario. Tutto quanto ritorna replicato in Assassinio sul Nilo, che riprende un romanzo successivo di Christie, pubblicato nel 1937, e aggiorna l'omonimo film di John Guillermin del 1978 (con un cast all'epoca stellare: Peter Ustinov, Jane Birkin, Mia Farrow, Bette Davis, Jon Finch, Angela Lansbury...), così come il precedente ripensava alla versione di Sidney Lumet del 1973. L'effetto, però, è inevitabilmente una replica, la ripetizione di una formula già usurata: la scelta di girare in pellicola 65mm sparisce soffocata dall'uso della CGI; il cast di stelle minori (per di più con il reprobo Armie Hammer cancellato dalla promozione e dal trailer) toglie pathos alla vicenda ben nota; l'insistenza posticcia sul colore della pelle e sugli orientamenti sessuali dei personaggi aggiornati rispetto al testo originale mostra l'ansia di aderire a canoni ormai percepiti come obblighi (ma nessuna parola, giusto per ragionare allo stesso modo di chi ormai scrive i film col bilancino, sullo sguardo colonialista della Christie o sul classismo della protagonista...).
Per certi versi, di fronte all'insistenza del Branagh regista sulle atmosfere luminose dell'Egitto anni '30 (qui fasulle, mentre nel film di Guillermin filmate dal vivo) verrebbe quasi da pensare che in questo nuovo Assassinio sul Nilo ci sia qualcosa della Hollywood di un tempo, con la sognante evanescenza dei trasparenti replicata dall'inconsistenza color caramella dei fondali digitali, tra tramonti infuocati e bagni di luce gialla: ma il digitale non ha certo il potere evocativo del cinema classico, e allo stesso modo la trama gialla del film non ha la stessa precisione, la stessa necessità di quella del romanzo, arrivando tardi e sviluppandosi in modo meccanico. Sembra quasi che Branagh e Green abbiano intuito di dover maneggiare un materiale troppo abusato e abbiamo così scelto di insistere su altro, come ad esempio sull'umore malinconiche di Poirot (che Branagh sa comunque rivestire di note dolenti) e più ancora sul tema dell'amore come ossessione e rimpianto. Tutto Assassinio sul Nilo, del resto, pur coi suoi passaggi a volte incongrui (la scena dell'imbarco sul battello, ad esempio, girata come lo spot di un profumo, o l'amplesso simulato degli sposi al tempio di tempio di Abu Simbel, stranamente audace vista la collocazione), è attraversato da un sentimento di pietà per la fragilità della natura umana; l'intuizione dei baffi dell'investigatore come metafora di un trauma affettivo è una bella scelta di sceneggiatura, e non a caso è scelta per aprire e chiudere il racconto. È come se, in definitiva, gli autori sapessero che oggi delle magnifiche trame della Christie non rimanga che l'involucro, e il segreto per ravvivarle risieda nel mostrarne l'anima dolente, già presente nei romanzi, ma per molti inattesa.