La vita bugiarda degli adulti
Anni '90. Giovanna è un'adolescente "confusa e stupefatta" cresciuta nei quartieri alti di Napoli da genitori intellettuali e progressisti. La madre le dice che sta diventando brutta come la zia Vittoria, quella sorella del padre di cui a casa non si parla e che vive nel Pascone, ovvero l'altra Napoli, quella bassa, "smodata e triviale", un posto "dal quale mettere la testa fuori" ma che "porti sempre con te dovunque tu vada". Da quella frase parte la ricerca identitaria di Giovanna, che la spinge ad incontrare la donna cancellata dal passato del padre, per capire quanto di sbagliato e deprecabile rischia di esserci anche in lei stessa. Attraverso la zia Vittoria la ragazza si accorgerà di quanto siano bugiardi gli adulti, compresi i genitori, e di quanto la vita sia complicata, compreso l'amore, che "non è pulito ma opaco, come le finestre dei cessi".
La vita bugiarda degli adulti è l'adattamento in sei puntate del romanzo di Elena Ferrante, che fa parte del team di sceneggiatura insieme a Francesco Piccolo e Laura Paolucci, già adattatori per il piccolo schermo de L'amica geniale, nonché Edoardo De Angelis, il regista della serie.
Questa serie fa tesoro di quella firmata da Saverio Costanzo e soprattutto Alice Rohrwacher, ma si prende anche ulteriori spazi di libertà creativa, pur rimanendo essenzialmente fedele al testo scritto, e intessendo le frasi più memorabili del romanzo in modo sapiente e puntuale, "liberando le parole dalla chiacchiera". Non è facile entrare nell'universo estetico e narrativo non lineare della serie, sia perché la trama è fatta di piccole cose più che di grandi eventi, dando importanza a ciò che "quando sei piccolo ti sembra grande, e quando sei grande ti sembra niente"; sia perché De Angelis compie scelte registiche impavide nel descrivere quella realtà che la protagonista percepisce come spiazzante e scontornata: di qui i fuori fuoco in contrasto con la nitidezza di dettagli e primi piani, di qui un (magnifico) commento musicale firmato da Enzo Avitabile volutamente stridente, costruito su sonorità sconnesse che aderiscono al mondo interiore di Giovanna. All'interno di questo raffinato "tappeto sonoro" e sotto la supervisione musicale di Giovanni Guardi vengono intessuti brani che sono la colonna sonora della nostra vita, dai Massive Attack a Rod Stewart, da Gianna Nannini a Peppino Di Capri, dagli Ace of Base agli Alunni del sole, da Enzo Jannacci al Califfo, con la complicità di guest star musicali che rappresentano l'anima di Napoli come i 99 Posse, gli Almamegretta, Teresa De Sio, gli E' Zezi (c'è persino De Angelis in un cameo rock).
Ad aumentare il mood polisensoriale è la fotografia ipnotica di Ferran Paredes Rubio e la palette utilizzata a scopo narrativo: il verde della trasgressione, che caratterizza Vittoria e contagia anche Giovanna, il giallo dell'esitazione, il rosso del pericolo, ma anche di un partito che sta perdendo i suoi contorni ideologici poiché, come sempre in Ferrante, dietro al mondo intimo dei protagonisti c'è quello sociale e politico dell'epoca che attraversano. E ci sono le pennellate d'autore, come la memorabile sequenza in reverse motion preannunciata da una risalita di foglie autunnali e culminata in un vetro infranto come un "broken dream". Di puntata in puntata, o meglio di capitolo in capitolo, ognuno con un titolo che specifica uno dei temi della storia (Bellezza, Somiglianza, Amarezza, Solitudine, Verità, Amore) la serie si gonfia di significati e trova la sua direzione in un universo di strade interrotte, come quella su cui Giovanna fa break dance. Filo conduttore sono un oggetto "segno permanente di dolore" e le bugie che "mettiamo una sopra l'altra" senza riuscire più a guardarci negli occhi e senza intenzione di fare del male, ma facendolo, eccome. Le interpretazioni sono precise e potenti, da Alessandro Preziosi e Pina Turco nei panni dei genitori di Giovanna, a Raffaella Rea e Biagio Forestieri in quelli della coppia di amici su cui si scatenerà l'inferno, a Rossella Gamba e Azzurra Mennella nei ruoli delle giovani Angela e Ida. Spiccano su tutti Maria Vera Ratti (Giuliana), Giuseppe Brunetta (Corrado) e una gigantesca Valeria Golino, che si trasforma nella "zia indegna", sguaiata e impresentabile con impressionante naturalezza, come se quel ruolo fosse sempre stato dentro di lei, trattenuto e finalmente liberato, come un richiamo atavico ad un'autenticità sfacciata e incontrollabile. La giovane protagonista, Giordana Marengo, è molto acerba nella recitazione parlata, ma ha un viso intensissimo ed espressivo, una "faccia da cinema" che, come Giovanna, troverà la sua strada. La regia di De Angelis gestisce bene sia i momenti intimi che le scene corali e tiene salda in pugno la materia magmatica e sfuggente di cui è fatta questa storia minima e massima: un racconto di disfacimento e formazione che culmina nel dito medio alzato del poster che la promuove.