Capri revolution
1914. Un gruppo di giovani del nord Europa si unisce in una comunità sull'isola di Capri avendovi trovato il luogo ideale in cui sperimentare una ricerca sulla vita e sull'espressione artistica. Sull'isola abita con la sua famiglia Lucia, una capraia la cui attenzione viene attratta da questi 'strani' individui a cui inizia ad avvicinarsi. Al contempo sull'isola è arrivato un giovane medico condotto portatore di idee che mettono la scienza e l'interventismo al primo posto.
Mario Martone completa l'ideale trilogia che si è venuta componendo dopo Noi credevamo e Il giovane favoloso con un film che si muove tra la luce diurna del sole e i fuochi delle danze della notte trovando al proprio centro l'efficacissima interpretazione di Marianna Fontana.
È sua quella che si potrebbe definire l'anima divisa in tre attorno alla quale si colloca tutta la vicenda. Il passato, con tutto ciò che ha di positivo rappresentato dalla spesso silente figura materna, si concentra nella casa in cui al padre malato si sostituiscono i fratelli portatori della difesa di una tradizione che si fa abito sempre più pesante da indossare per la giovane donna. In quegli uomini e donne che scorge per la prima volta nudi su una scogliera vede aprirsi un mondo di opportunità diverse rispetto all'orizzonte chiuso di un mare forse prima di allora mai guardato con occhi nuovi. Martone fa esplicito riferimento alla comune che il pittore Karl Diefenbach costituì a Capri agli inizi del Novecento avendo come omologa quella del Monte Verità a Locarno (dove tutt'oggi viene tenuta viva una forte memoria di quell'esperienza). Il vivere insieme immersi nella Natura, da vegetariani ante-litteram impegnati in una ricerca in cui il corpo stesso si faceva forma d'arte vivente non impedisce al regista di mettere in luce il nascere di forti contraddizioni all' interno della comunità.
Su questa descrizione crea una qualche perplessità la scelta di uomini e donne tutti fisicamente piacenti quasi che se ci fosse stato un Toulouse Lautrec ancora vivente e desideroso di farne parte non sarebbe stato accolto. Questo però non inficia il confronto che Martone ci propone, narrando il passato ma con un'attenzione rivolta al presente, tra due modalità di guardare al mondo e alla sua Storia. La disputa dialettica tra il medico e il leader della comune espone, con immediatezza unita a rigore, le due posizioni e, ancora una volta, si tiene a distanza da posizioni manichee. Il dottore è al contempo un difensore del progresso legato alle scoperte scientifiche ma anche vittima di quell'idealismo interventista che sfocerà di lì a poco nel fascismo (che ha già deposto le sue uova in versione nazi anche nella comunità di Diefenbach). È in questa situazione culturalmente presismica (vedi le anfore tra gli alberi) che Lucia si trova a crescere come donna, ad emanciparsi da un maschilismo ancestrale e a comprendere, senza false pacificazioni interiori, quanto in entrambe le nuove proposte di vita c'è di positivo e quanto invece va messo tra parentesi per poter davvero progredire, per uscire da qualsiasi tipo di gabbia ideologica e poter 'sperare' nel futuro.