La legge di Lidia Poet
Mentre combatte con una società ancorata ai privilegi maschili e maschilisti, Lidia Poët si fa largo nel mondo dell'Avvocatura risolvendo casi spinosi per conto di suo fratello Edoardo, co-adiuvata dall'appassionato giornalista Jacopo.
Un delitto, un'indagine e una donna libera che prova un orgasmo. Si apre così la serie in sei episodi La legge di Lidia c sulla prima donna in Italia ad entrare nell'Ordine degli Avvocati.
Anticonformista, illuminata e ribelle quanto basta, la incontriamo quando ha preso l'abilitazione da appena tre mesi. Combatte contro una società ancorata ai privilegi maschili e maschilisti, contro la dilagante misoginia del tempo e l'ottusità di chi boccia ogni sua proposta ritenendo le impronte digitali inutili diavolerie. Lidia Poët rappresenta una forte minaccia per il potere patriarcale: la paura diffusa tra i suoi colleghi è che la professione rischi uno svilimento con l'avvento delle donne. La serie, naturalmente, mostra l'esatto opposto: l'autonomia, intellettuale e pratica, di una donna finisce per arricchire e far progredire tutti gli ambienti in cui si muove. In primis quello professionale, data la sua abilità a risolvere i casi che lei stessa accetta. È il format vincente dell'avvocato indagatore alla Perry Mason, che ha già convinto il pubblico italiano con serie come Malinconico. Ogni episodio è incentrato su un caso diverso, resta costante solo la storia dell'ostinata determinazione di Lidia a farcela da sola, senza bisogno di nessun uomo. Quando le revocano l'iscrizione all'albo degli avvocati proprio in quanto donna, vietandole addirittura di mettere piede in tribunale, malgrado lo statuto Albertino non contenesse alcuna proibizione specifica in merito, la sua ferrea volontà diventerà incandescente. Dal terzo episodio in poi Lidia è inarrestabile: tiene testa al sensuale giornalista Jacopo Barberis interpretato dal convincente Eduardo Scarpetta, risolve indagini al posto di suo fratello, si dedica con passione al suo lavoro senza trascurare una vita privata da donna moderna, libera di scegliersi da sola le proprie compagnie notturne. Spicca il quinto episodio su tutti, che si apre con una seduta spiritica e prosegue con un ballo in maschera alla Eyes Wide Shut con un notevole colpo di scena finale. L'ultimo episodio, invece, è incentrato su una scelta che cambierà per sempre la vita della protagonista.
Intelligente, originale, leggera, la serie si permette licenze poetiche e anacronismi, lessicali e strutturali, per realizzare un'operazione interessante: rileggere in chiave contemporanea un personaggio iconico, un po' come fece Sofia Coppola per la sua Marie Antoinette. Anche qui spicca il carisma della protagonista: Matilda De Angelis diventa sempre più brava ad ogni progetto, qui sa tenersi sulle spalle lo spessore di un personaggio anticonvenzionale che non fa sconti a nessuno, neanche a se stessa. La regia di Matteo Rovere e Letizia Lamartire si rivela impeccabile, come anche i costumi firmati Stefano Ciammitti, allievo di Piero Tosi, un incanto per chi guarda. Una serie contemporanea - di ottocentesco ha solo l'ambientazione - che sfrutta l'elemento biografico come pretesto per farne non un fedele ritratto documentaristico, né un biopic agiografico, ma un racconto motivazionale, capace di trasmettere l'orgoglio per una professione e, ancor prima, per un genere di appartenenza, rivendicato con forza e passione. "Se Dio ti avesse voluta avvocato non ti avrebbe fatto donna", le dicono. Lidia Poët risponde con la bravura, la testardaggine e i fatti: sarà la storia a parlare per lei.