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L'ombra del giorno

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Fred Flinstone
Fred Flinstone

Ascoli Piceno, 1938. Luciano è il proprietario di un ristorante che si affaccia sulla piazza principale della città, reduce della Grande Guerra dalla quale ha riportato una gamba perpetuamente offesa e l'amara consapevolezza di saper uccidere, se necessario. Simpatizza blandamente per il Partito Fascista al potere, conta fra le sue frequentazioni un gerarca locale e osserva le parate delle giovani italiane dalla finestra del suo frequentato esercizio. Un giorno davanti a quelle finestre appare Anna, giovane donna che si offre di svolgere qualsiasi lavoro, e Luciano la assume come cameriera. Presto diventerà evidente che Anna ha qualità particolari: ha studiato, è capace e piena di iniziativa. E fra i due comincia a nascere un sentimento che va oltre l'apprezzamento del datore di lavoro, o la gratitudine di una neoassunta.

Giuseppe Piccioni torna nella sua città natale e ogni inquadratura del suo L'ombra del giorno riflette l'amore e la familiarità che prova verso il luogo dove è cresciuto: il ristorante di Luciano è creato dentro lo storico Caffè Meletti, che per gli ascolani è un simbolo e un testimone della Storia.

Così è anche Luciano, osservatore silenzioso che si fa i fatti suoi finché Anna e la realtà non irrompono nella sua vita in qualche misura rassegnata. Anna spariglia le carte e lo pone di fronte a scelte e dilemmi anche morali che Luciano non si aspettava, perché non è un giovane reduce ma un uomo fatto come lo erano i quarantenni nel Novecento, già appartenenti ad una terza età conclamata. Riccardo Scamarcio, anche produttore, lo interpreta completamente contro tipo, o almeno contro l'immagine con cui l'attore è stato spesso identificato in passato: bello, tracotante, capriccioso. Luciano è invece fisicamente "zoppo", caratterialmente morigerato, benché autorevole, stabile nelle emozioni e nella logica piena di buon senso. In lui c'è quella malinconia di chi "vive senza scelta né motivo" che dà forma a tutta la narrazione e colora una Ascoli Piceno che si fa teatro crepuscolare, piena delle ombre del titolo che sono il riflesso dei dubbi del protagonista e delle sue emergenti, pericolose certezze. "Come la penso io?", dirà Luciano a chi presume di conoscerlo, ma è evidente che lo chiede anche a se stesso, e dovrà prima o poi darsi una risposta. Per Scamarcio questo è il ruolo della maturità e della conferma come attore; accanto a lui Benedetta Porcaroli nei panni di Anna è una presenza giovane con qualche accenno di modernità di troppo ma una buona generosità interpretativa, e un coro di caratteristi come Lino Musella, l'ottimo Vincenzo Nemolato, e Antonio Salines, cui il film è dedicato poiché è mancato prima della sua uscita, mettono a frutto la loro esperienza teatrale. Unico anello debole Wael Sersoub in un ruolo che non possiamo rivelare, non tanto per incapacità dell'attore ma per qualche illogicità e disattenzione di troppo nel tratteggio del suo personaggio.

Piccioni ricostruisce con calma e gentilezza quel mondo ambiguo prossimo a scollinare nella follia, creando ricostruzioni di ambiente che ricordano il cinema di Pupi Avati senza le sue sdolcinature, e certi momenti deliranti di quello di Marco Bellocchio senza la sua iperbole visionaria. Le ombre della storia (e della Storia) si allargano a poco a poco, le pareti si smarginano e scolorano nel procedere di un inganno collettivo che solo la guerra finirà per smascherare. Le musiche di Michele Braga sostengono la narrazione più che semplicemente accompagnarla, e la scelta della canzone Vivo, contemporanea ma costruita come un motivetto d'epoca, rimanda alla modernità che la vicenda può avere, se la si osserva in filigrana: perché il concetto della "legittimità del diritto positivo" è qualcosa che ancora ci riguarda, così come la necessità morale di non "sottrarsi alla responsabilità di obbedire ad una legge sbagliata". Il nome del cantautore che ha composto Vivo, Andrea Laszlo De Simone, fornisce anche un altro indizio: il riferimento a Viktor Laszlo e alla trama di Casablanca, cui gli sceneggiatori Gualtiero Rosella (in un felice ritorno al cinema di Piccioni) e Annick Emdin (nome nuovo di provenienza letteraria e teatrale da mettere sulla mappa), attingono incrociando però i caratteri e stravolgendo l'ipotesi del pentimento futuro. Alcuni scambi di battute (Luciano ad Anna: "Che tipo siete voi?" Anna: "Non si vede?" Luciano: "Non tutto") sono ispirati e contribuiscono non poco a caratterizzare i personaggi in scena. L'ombra del giorno è una favola composta e sincera su un'epoca involontariamente ridicola dalle conseguenze terribili, e ha un'ambizione non arrogante ma convinta che anche il cinema italiano possa figurare con dignità nel panorama autoriale europeo, ripercorrendo il suo passato con misura ed eleganza.

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