Omicidio nel West End
La sera del festeggiamento per la centesima rappresentazione consecutiva di "Trappola per topi" all'Ambassadors di Londra, il regista hollywoodiano Leo Kopernick, incaricato di portare sul grande schermo la fortunata pièce, viene barbaramente assassinato nel dietro le quinte del teatro, e poi "messo in scena", al centro del palcoscenico, seduto sul divano. Ad indagare sul caso è l'ispettore Stoppard, affiancato dall'agente Stalker, aspirante sergente di Scotland Yard, chiacchierona, cinefila, e molto meno sprovveduta di quel che può sembrare a prima vista.
I teatri e gli hotel di Londra, svuotati di clienti e spettatori a causa del lockdown, sono serviti da impeccabili location per questa rivisitazione del giallo classico in chiave di commedia; sorta di risposta in stile british al Knives Out di Rian Johnson.
Famoso per essere il più longevo spettacolo del West End, con le sue 27mila repliche in 68 anni, la Trappola della Christie è il canovaccio perfetto per architettare un giallo al quadrato, a partire dal progetto che fu del produttore John Woolf (nella realtà e nella finzione) di trarne un film. Sam Rockwell e Saoirse Ronan, nei panni di un detective dal cognome mitico e della zelante novellina che lo accompagna, si muovono dunque tra il mondo del teatro e quello del cinema, tra oggetti di scena, travestimenti, neve finta e neve che sembra vera ma è altrettanto finta, battute sulla volgarità dei flashback inserite in un flashback, trucchi di scena e trucchi di linguaggio (split screen), momenti teatrali e riferimenti filmici, lucciole e lanterne. Tom George e Marck Chappell, regista e sceneggiatore, veterani della "comedy" televisiva che impone tempi perfetti e colpi di scena ogni dieci minuti, applicano con successo la lezione al grande schermo, confezionando un film brillante come un classico, senza rinunciare ad aggrovigliare la trama gialla quanto basta perché risulti accattivante. Spingersi oltre, declinando il divertissement in chiave meta-cinematografica, poteva essere pericoloso, ma l'esecuzione del salto è corretta e l'atterraggio felice. Tutto è artificio, gioco, farsa, parodia. Ogni personaggio è arabescato attorno ad un luogo comune cinematografico, tanto che basta un tratto per disegnarlo: la passione egomaniaca per i discorsi di Dickie Attenborough, quella per il gin di Stoppard, il vizio di saltare a conclusioni affrettate dell'agente Stalker, che è lo stesso di tutti i lettori di gialli. E però è una parodia affettuosa, che ama l'oggetto del suo sberleffo, ne apprezza l'eleganza dei tessuti e delle battute di spirito, non deride, ma omaggia.